domenica 20 dicembre 2009

Pranzo pre-Natalizio

Quest'anno io e Ru passeremo il giorno di Natale assieme (...e anche con VerA!), cionostante (anche quest'anno) abbiamo preparato un pranzetto prenatalizio per noi due a base di pesce:

PriMo




SecoNDo 
calamari ripieni di provola filante di Antonia (ricetta tratta da Anice&Cannella).


(quelli di Paoletta sono più fotogenici dei miei!)
Ingredienti (per 2):
* 6 calamari
* provola (circa 100g)
* pane grattuggiato
* olio exra vergine di oliva
* 1 spicchio d'aglio
* un ciuffetto di prezzemolo
* sale & pepe


1 Pulite i calamari e tagliate ogni sacca in 2-3 pezzi, a seconda della dimensione.
2 In una ciotola mescolate il pane grattuggiato con un trito di aglio e prezzemolo, un filo d'olio, sale e pepe.
3 Intingetevi gli anelli di calamari in modo da far attaccare il composto.
4 Tagliate la provola a pezzetti grandi più o meno quando gli anelli e infilate un pezzetto dentro ciascun anello.
5 Disponete in una teglia oliata e mettere in forno a 180° per 15-20'. Servite subito!


CoNTorNo




PaSSeGGiAtA DiGeStivA
a Baden




 * + * + * + * +
                  
BuoNe FeSte!
JoyeuX NoëL!
FeLiz NaViDaD! 
MeRRy ChRisTmaS!
FRöhLiChe WeihNAchteN! 
 

 * + * + * + * + * + * + * + * + * + * + * + * + * + * + * +

domenica 13 dicembre 2009

Torta di cioccolato all'uvetta e rum

Ultimamente siamo davvero latitanti! Sia io che VerA (che è tornata dagli Stati Uniti) infatti siamo molto prese con il lavoro, per fortuna che arriveranno presto le vacanze di Natale!
Qui in Svizzera è freddo e oggi nevica anche un po'. La neve pian piano inizia ad attaccare nei prati, mentre i boschi sulle colline sono già bianchi da ieri... cosa c'è di meglio che starsene a casa al calduccio e preparare una torta al cioccolato per le colazioni di Ru della prossima settimana?
Mentre vi scrivo la ricetta il profumo del cioccolato invade le stanze, non vedo l'ora di assaggiare il dolce... anche se a dire il vero ho già leccato un po' il cucchiaio!
La ricetta è tratta dal libro d'oro del cioccolato di Carla Bardi e Pietersen Claire (Mondadori) che mi ha regalato Vera l'anno scorso per Natale, ma ho apportato qualche piccola modifica.




Ingredienti

180g di farina bianca
180g di uva sultanina
2 cucchiai di rum
200g di cioccolato al latte (io invece ho usa il cioccolato fondente)
1 uovo
150g di zucchero di canna
120g di burro
1 cucchiaino di lievito in polvere
sale

Per la glassa: invece della glassa prevista dalla ricetta, ho fatto una ganache al cioccolato e rum. Ingredienti: 2/3 di cioccolato, 1/3 latte (non avevo al panna fresca, ma se usate la panna aumentate la percentuale e non mettete il burro), un cucchiaio di burro, un cucchiaino di rum.

Preparazione
Preriscaldate il forno a 180ºC. Rivestite una teglia rettangolare con la carta da forno.
Mescolate l'uvetta con il rum, coprite e lascate in ammollo per un'ora.
Lavorate l'uovo con lo zucchero di canna fino ad ottenere un composto cremoso. Fate sciogliere il cioccolato con il burro a bagnomaria.
Incorporate con una spatola il composto di uova e zucchero, la farina, il lievito, un pizzico di sale e l'uvetta.
Mettete l'impasto nella teglia e fate cuocere 30-35 minuti, o fino a quando sarà consistente.

Glassa: sciogliete a bagno maria il cioccolato con il burro, aggiungete il latte e il rum e mescolate fino ad ottenere un composto omogeneo.

Una volta cotta la torta, spalmate la glassa e servite.

mercoledì 2 dicembre 2009

Pumpkin muffins


Ritorno a casa, avvolta dai colori, dai sapori e dal calore della famiglia. Tutto risuona della mia lingua, tutto è come l'avevo lasciato. Eppure mi sento lontana, mi sento "straniera" nel modo di sentire e di guardare le cose. Mi sento così estranea oggi a questa vita... Mi sento così "americana"! Eppure riscopro ogni giorno gesti automatici, spontanei, come se non fossi mai andata via. Spero di riuscire a coordinare questi pensieri e di tradurre questo essere "sospesa" tra due mondi in un tutto armonioso...

Inizio la traduzione dai muffins, qualcosa che indubbiamente mi apparteneva prima e che adesso si è arricchita di spunti a stelle e strisce!
Traggo da Erborina lo spunto per la ricetta, rielaborata a modo mio.


Ingredienti

* Zucca bollita 400 g
* Zucchero 300 g
* Uova 4
* Farina 300 g
* Lievito in polvere 1 bustina
* Cannella 1 cucchiaio
* Noci 1 manciata
* Olio extravergine d'oliva 175 ml

Preparazione

1 In una ciotola mescolate gli ingredienti secchi: lo zucchero, la farina, il lievito e la cannella. In un'altra ciotola amalgamate gli ingredienti "liquidi": uova, olio e zucca. Aggiungete gli ingredienti secchi ai liquidi, un po' alla volta, sempre mescolando.

2 Aggiungete le noci e mescolate con cucchiaio o una paletta in silicone.

3 Riempiete gli stampini a metà con l’impasto ed infornare a 180° per 25 minuti.

Gustateli con persone speciali, e poi fate jogging, almeno 6 km!!! ;)

martedì 24 novembre 2009

Pillole di saggezza

Oggi è stato il giorno dei saluti. Tanti partono per riunirsi alle famiglie per Thanksgiving. Anch'io!
Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, tutti mi chiedono se sono contenta e pronta a tornare a casa. In questo momento è difficile rispondere, è come se fossi sospesa tra due mondi, così lontani, così diversi!
Quando vedrò la mamma e il papà, certo, sarò felice! Come potrei non esserlo?!
Adesso però, in questa fase di passaggio, sono qui, sto ancora lavorando al "mio" progetto, con le persone che in questi sei mesi sono state parte della mia vita, delle mie giornate, che sono qualcosa più che colleghi, che sono amici, "strani" amici... Sì perché quando parli una lingua che non è la tua con un cinese o una australiana, o una coreana, non sei mai sicuro che capiscano quello che dici, e tu non capisci a tua volta. Ma proprio per questo si instaura una comunicazione non verbale che è sottile, impalpabile, ma preziosissima. Sguardi, piccoli gesti quotidiani che ti fanno sentire parte di una piccola "comunità" che scambia, condivide, cresce... Se penso a tutti loro come posso non sentire un velo di tristezza e le lacrime agli occhi...

Penso che capirò quanto mi abbiano dato solo lasciandoli, e ringranziandoli tutti, senza parole...

Hong, salutandomi, mi ha detto una grande verità...

"A good mentor is who recognizes each scholar's talent and gives the right job to the right person".

Il bravo mentore è colui che riconosce il talento di ogni suo studente e dà il lavoro giusto alla persona giusta.

E mi ha lasciata con una massima cinese, che ha lo stesso, profondissimo, significato: se metti un uovo di gallina a scaldare nel forno, con il tempo e la giusta temperatura, diventerà una bella gallina. Se fai lo stesso con un sasso, rimarrà un sasso.


Thank you, guys!




sabato 21 novembre 2009

Menù antirazzista #3: Le ultime risorse della còlliva

In questo periodo siamo tutte e due molto occupate: io ho un sacco da lavorare per alcune scadenze e Vera è in ballo con tutti i preparativi per il ritorno in Italia e la fine della sua specializzazione! Quindi stiamo un po' trascurando il blog... per non far sentire troppo la nostra assenza, vi riporto la terza puntata del menù antirazzista di Helene Paraskeva, questa volta senza ricetta, magari la preparerò l'anno prossimo per il giorno dei morti, quest'anno non ne ho avuto modo... e ora mi sembra un po' tardi!


Helene Paraskeva è una scrittrice nata ad Atene. Vive a Roma dal 1975. Questo è la terza puntata della sua serie Menù antirazzista.
La còlliva è un dolce a base di grano cotto nell’acqua per molte ore con mandorle, noci, cannella, uvetta e melograno. Si decora con confetti e zucchero a velo ed è candido come una torta nuziale. D’origine greca, ma diffuso in tutti i paesi balcanici, si consuma ai funerali e per le commemorazioni dei morti. Gli antropologi lo definirebbero un cibo tabù, ma non è vietato mangiarlo: è solo che nessuno lo prepara mai al di fuori di queste occasioni.
La còlliva ha origini mitiche. Demetra, la dea dei raccolti, si svegliò una notte senza trovare a casa la figlia Persefone. Cominciò a cercarla in giro per il mondo, trascurando il lavoro e non facendo crescere più niente sulla Terra. I mortali soffrivano la fame e la carestia, ma Demetra continuava a urlare: “Datemi mia figlia o morirete tutti!”.
Trittolemo, re di Eleusi, voleva rivelare alla dea che Persefone era stata rapita da Plutone, il dio degli inferi. Ma prima di andare da lei, fece preparare un dolce con le ultime provviste. Demetra lo gradì a tal punto da promettere che se Plutone avesse liberato sua figlia, sulla Terra sarebbe tornato tutto come prima.
Trittolemo chiese ai contadini di preparare un altro dolce per Plutone, mettendo insieme le ultime riserve, l’eschaton. Questa volta ai contadini non rimase niente. Il re portò il dolce a Plutone e riuscì a convincerlo a liberare Persefone per sei mesi all’anno. Grazie ai mortali che avevano sacrificato le loro ultime provviste, sulla Terra tutto tornò come prima. Quel dolce squisito era la còlliva.
Oggi gli abitanti dei paesi ricchi rischiano di cucinare le loro còlliva con le ultime risorse dei paesi in via di sviluppo. Il debito ecologico è la differenza tra i consumi degli abitanti di un territorio e le capacità produttive (risorse naturali, cibo e fonti di energia) di quel territorio. È risaputo che i paesi più sviluppati hanno il maggior debito ecologico. Di anno in anno le risorse naturali diventano sempre più scarse e si avvicina il momento dell’eschaton. Nei paesi in via di sviluppo, invece, una parte dell’umanità rischia di morire per mancanza di cibo. Ma è da qui che i paesi in debito ecologico prendono il resto del loro fabbisogno, dimenticando lo stretto rapporto tra la sopravvivenza dell’umanità e la terra a disposizione.
Helene Paraskeva

testo e immagine tratti da nuovi italiani in Internazionale.it
(grazie a Helene Paraskeva che ci ha dato la possibilità di pubblicare questo brano sul nostro blog)


Creative Commons Licensearticolo soggetto a licenza Creative Commons
 

Tutto sommato in tema con questo menù antirazzista segnalo un paio di inziative:



LA SETTIMANA EUROPEA PER LA RIDUZIONE DEI RIFIUTI (21-29 Novembre 2009) che ha lo scopo principale di promuovere, tra i cittadini, una maggiore consapevolezza sulle eccessive quantità di rifiuti prodotti e sulla necessità di ridurli drasticamente. Ringrazio Lo per averla segnalata e per aver inventato il suo "meme ecologico" (potete leggerne i dettagli sul suo blog), io mi limito a segnalare alcuni suggerimenti dal sito menorifiuti.it.







LA CITTÀ FRAGILE “Non è rinchiudendo il vicino che ci si convince del proprio buonsenso” F. Dostoevskij
ESPOSIZIONE ALLA TRIENNALE DI MILANO dal 20 Novembre al 10 Gennaio. Non ho visto questa mostra ma ne ho letto su Internazionale e credo cercherò di visitarla nelle vacanze di Natale. Si tratta di una mostra che attraverso documenti fotografici, video, illustrazioni, mappe, dati statistici emblematici, vuole rappresentare alcune fragilità della città contemporanea mettendo in scena il rapporto tra comunità del rancore, quella del rinserramento e della ricerca del capro espiatorio, comunità di cura, quella che cerca di farsi carico delle fragilità sociali, comunità operosa, quella che agisce in modo privilegiato nell’ambito produttivo e delle professioni. Per saperne di più andate sul sito della triennale di Milano.






AGGIORNAMENTO:

Ancora più in tema con il menù antirazzista segnalo a tutti i romani questo bellissimo corso che mi ha indicato Eleonora (grazie!!): Incontrandosi a tavola, corso di cucina organizzato dall'associazione di volontariato Cucimondo ONLUS dedicato ai sapori del Sud del mondo. che si tiene a ROMA. Da ottobre 2009 a giugno 2010, una sera al mese, un rappresentante di un paese diverso spiegherà come preparare i piatti della propria tradizione, parlerà della cultura di origine e delle motivazioni che l'hanno portato in Italia. A insegnare passo per passo la preparazione dei cibi non saranno cuochi professionisti, ma uomini e donne amanti della cucina delle loro origini, felici di raccontare esperienze e condividere abitudini. Al termine di ogni serata si assaggeranno i piatti preparati e si riceveranno delle dispense con ricette, consigli su dove fare la spesa e una breve scheda sull'area geografica di origine dell'insegnante. Qui trovate il programma, e sul loro sito i dettagli per l'iscrizione.

domenica 15 novembre 2009

Triglie all'agrodolce

La scorsa settimana al banco del pesce mi era sembrato di aver visto delle triglie, con il loro tipico sguardo da triglia... purtroppo però il banco è piuttosto lontano dalla zona in cui i clienti fanno la coda e non ne ero sicura... poi il cartellino con scritto Meerbarben non mi aiutava molto (l'unica certezza che mi dava il nome è che fosse un pesce di mare e non di lago, cosa non sempre facile da dire con il tedesco***), così ho rinunciato a prenderle, ma appena tornata a casa ho cercato "Meerbarben" sul dizionario... ed erano proprio le triglie!

Ci ho ripensato tutta la settimana, poi ieri sono tornata al supermercato e, visto che per fortuna c'erano ancora, non me le sono fatte sfuggire!

È la prima volta che preparo le triglie e non ero molto sicura di come si facessero a pulire, ma su internet si trova tutto ed ecco qui delle dettagliatissime istruzioni: come si pulire e sfilettare le triglie? (spicchiodaglio.it). La prossima volta credo che me le farò pulire dalla signorina del banco (se riesco a farmi capire!) perché è stato un po' un lavoraccio: sono piene di squame e sono molto meno facili da spinare delle sardine e delle alici!

*** infatti in tedesco si usa la stessa parola per dire mare e lago anche se in base a quello che si intende hanno genere diverso: die See (femminile) è il mare e der See (maschile) il lago, ma esiste anche la parola das Meer (neutro e di derivazione latina) che vuol dire solo mare, ma che non mi sembra venga usata tanto di frequente, almeno in Svizzera. La mia insegnante (svizzera) di tedesco mi diceva che das Meer è usato di più in letteratura che nel linguaggio comune, invece pare che in Austria usino solo das Meer per il mare.
Insomma adesso ho una gran confusione e non so mai di cosa si stia parlando, se di mare o di lago!
... per di più se si cerca sul dizionario italiano-tedesco la parola triglia si trova sia Meerbarbe che Seebarbe!


Ovviamente non potevo non usare queste tanto agognate triglie che per una ricetta ispirata ai romanzi di Camilleri!

"Andò a corcarsi zuppiando. Ci mise un quarto d'ora a trovare la posizione giusta. Chiuse gli occhi e li raprì di subito: ma non aveva invitato Ingrid a cena? E ora come faceva a rivestirsi, mettersi addritta e nèsciri per andare al ristorante? La parola ristorante gli provocò un immediato effetto di vacantizza alla bocca dello stomaco. Da quand'è che non mangiava? Si susì, andò in cucina. Nel frigorifero troneggiava un piatto funnùto pieno di triglie all'agrodolce. Tornò a corcarsi, rassicurato."
da La gita a Tindari di Andrea Camilleri, pag. 244, ed. Sellerio 2000


Ingredienti (per 2)
* 4 triglie
* 1 cipolla
* 1 arancia
* olio extravergine d'oliva
* 1/2 bicchiere di vino bianco
* un po' disucco di limone
* zucchero
* farina bianca
* sale



Preparazione
1 Pulite le triglie, infarinatele e cuocetele in poco olio di oliva, salandole da entrambi i lati; quindi toglietele dalla padella e laciatele al caldo in forno.

2 Sbucciate l'arancia e frullatela. Nella padella dove avete cotto le triglie, fate rosolare la cipolla tritata finemente, aggiungete un cucchiaio di zucchero, il vino e fate caramellare il tutto.

3 Aggiungete il succo di limone e l'arancia frullata, fate ritirare e coprite le triglie con la salsa ottenuta.

4 Passate al forno a 180º per 5 minuti.

ricetta tratta (e riadattata) da Nìvuro di sìccia, Trenta editore.



in english: 
Ingredients (for 2): * 4 red mullets * 1/2 onion * 1/2 orange * extra virgin olive oil * 1/2 glass of white wine * juice from 1/2 lemon * sugar * white flour * salt

Procedure: Gut the fishes, dust them with flour and cook them in a little olive oil, salting them on both sides, then remove them from the pan and leave them in the warm oven.
Peel the orange and whisk it. In the pan where you cooked the mullets, fry the finely chopped onion, add a spoon of sugar, the wine and let it caramelize everything. Add the lemon and orange juices, cover the mullet with sauce. Bake at 180 º for 5 minutes.


Piccolo glossario culinario multilingue (I - DE - EN):
triglia, f. = die Meerbarbe/n, f. = red mullet, n.


Vi segnalo questo bell'articoletto intitolato "Tutti i corvi sono neri" di Laila Wadia, nella rubrica Nuovi Italiani di Internazionale.it. A me è piaciuto molto, come in genere mi piacciono gli articoli di questa rubrica che parlano dell'Italia vista dagli occhi di persone nate altrove e che ora ci vivono (è un punto di vista che mi interessa molto, speculare al mio e da quando vivo qui ancora di più), anche perché parla di Trieste, dove ho vissuto per un po', e del quartiere cinese vicino alla stazione che ricordo benissimo... leggendolo mi è sembrato un po' di essere lì!

martedì 10 novembre 2009

Menù antirazzista #2: La società del moussakàs

Ecco qui un altro menù antirazzista di Helene Paraskeva tratto da Internazionale, questa volta si tratta di un parallelo tra l'amalgama di sapori della moussakàs e la ricchezza di una società multiculturale.
Helene Paraskeva è una scrittrice nata ad Atene. Vive a Roma dal 1975. Questa è la seconda puntata della sua serie Menù antirazzista.

Per descrivere i processi d’integrazione tra etnie i sociologi usano diverse metafore. Per esempio, la società statunitense, formata da immigrati provenienti da tutto il mondo in epoche diverse e assimilati a un modello culturale unico, era paragonata a un crogiolo, il famoso melting pot. Altri esperti usano la metafora culinaria della salad bowl, l’insalatiera con vari tipi di verdure che, condite insieme, hanno un sapore armonioso.
Anche il moussakàs, piatto completo dal sapore unico (anzi, epico), può essere paragonato a una società in evoluzione, che passa dal modello multiculturale a quello interculturale. Per la preparazione del moussakàs bisogna disporre in una teglia tre strati di cibi differenti, cucinati in maniera diversa. Il primo strato è di melanzane fritte, anche se alcuni usano le patate. Sopra, dopo una spolverata di parmigiano, si mette uno strato di ragù e infine, dopo un’altra spolverata di parmigiano, si aggiunge la besciamella.
Il moussakàs è multiculturale perché i suoi ingredienti vengono da diverse parti del mondo. La melanzana è d’origine asiatica, la patata proviene dagli altopiani andini, il pomodoro – che gli aztechi chiamavano tomatl – viene dall’America centrale, il parmigiano è italiano, la besciamella è una salsa raffinata d’ideazione francese e la carne macinata del ragù è la migliore, quella del luogo. L’olio di oliva non può che essere mediterraneo. Quando gli strati sono pronti, si mette tutto in forno per circa mezz’ora.
Oltre a essere multiculturale, il moussakàs è l’esempio concreto di una società interculturale. I suoi ingredienti non sono schiacciati, spremuti o pestati. I componenti di questa società comunicano tra loro senza perdere identità, pur essendo di origini diverse. Ogni ingrediente è insaporito dall’olio di oliva, che mette in relazione i diversi sapori e ne facilita la convivenza.
Si dice del moussakàs che diventa migliore il giorno dopo la cottura. L’interculturalità è un processo che ha bisogno di tempo per crescere e maturare. Ma, intanto, bisogna cominciare.
Helene Paraskeva

testo e immagine tratti da nuovi italiani in Internazionale.it
pubblicato su Internazionale n. 819, anno 16, 30 ottobre/5 novembre 2009
(grazie a Helene Paraskeva che ci ha dato la possibilità di pubblicare questo brano sul nostro blog)

Creative Commons Licensearticolo soggetto a licenza Creative Commons



Ovviamente non potevo che abbinare questa citazione alla ricetta della moussakàs (io l'ho preparata sia con le patate che con le melanzane, per non farmi mancare niente!).


Ingredienti (dosi ridotte, per circa 3-4 persone)

1 melanzana rotonda * 300g di patate * 1 cipolla tritata * 300g di carne macinata * 1/2 tazza di vino bianco * 1/2 tazza di olio extravergine d'oliva * 1 pomodoro maturo * prezzemolo tritato * sale & pepe * besciamella (1 cucchiaio di farina, sale & pepe, 1 tazza di latte, 1 cucchiaio di burro, un pizzico di noce moscata) * parmigiano.


Preparazione
0. Besciamella: Fondere il burro in un pentolino, unire la farina e mescolare bene con un cucchiaio di legno. Abbassare la fiamma al minimo e aggiungere lentamente il latte, continuando a mescolare. Lasciar addensare la salsa, continuando a mescolare e condire con sale, pepe e noce moscata.

1. Tagliate la melanzana a dischi e friggetela in olio caldo. Quindi disponete le fette su un po' di carta assorbene.

2. Lavate e nettate le patate, affettatele e friggetele leggermente.

3. Scaldate l'olio e rosolare la cipolla con la carne macinata. Bagnate con il vino e fatelo evaporare; quindi aggiungete il pomodoro tagliato a pezzi, il prezzemolo, sale e pepe e lasciate sobbollire per circa 15 minuti.


4. Stendete le patate in una teglia, conditele con sale e pepe e disponetevi del parmigiano grattato, la carne tritata e uno strato di melanzane.

5. Coprite con la besciamella e lasciate cuocere in forno a calore moderato per circa 30-40 minuti.




ricetta tratta (e riadattata) da "300 ricette tradizionali della cucina greca",
Atene Summer Dreams editions.

in english: I'm too lazy to translate the recipe in english.. but you can find a similar one in english here!

lunedì 9 novembre 2009

Svolta epocale

Era il 9 novembre 1989, il Muro di Berlino cadeva, dopo 28 anni: una svolta epocale. La caduta del muro aprì la strada alla riunificazione tedesca, che fu formalmente conclusa il 3 ottobre 1990.

La divisione della Germania (e di Berlino), in quattro settori controllati e amministrati da Unione Sovietica, Stati Uniti d'America, Regno Unito e Francia, fu sancita nel 1945 dalla conferenza di Yalta.
Inizialmente ai cittadini di Berlino era permesso di circolare liberamente tra tutti i settori, ma con lo sviluppo della Guerra Fredda i movimenti vennero limitati; il confine tra Germania Est e Germania Ovest venne chiuso nel 1952. Per fermare la fuga dei cittadini di Berlino dalla dittatura, il regime comunista della Germania Est iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961 a Berlino Est.

Durante il periodo di esistenza del muro vi furono circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo verso Berlino Ovest. Nello stesso periodo varie fonti indicano in un numero compreso tra 192 e 239 i cittadini della Germania Est uccisi dalle guardie mentre tentavano di raggiungere l'ovest e molti altri feriti.

Il 9 novembre 1989, durante una conferenza stampa, Günter Schabowski, Membro del Politburo del Partito Socialista Unitario della Germania e Ministro della Propaganda della DDR, annunciò che tutti i berlinesi dell’Est avrebbero potuto attraversare il confine con un appropriato permesso, ma non avendo ricevuto altre informazioni in merito, alla domanda del giornalista Riccardo Ehrman, che chiese da quando le nuove misure sarebbero entrate in vigore, Schabowski cercò inutilmente una risposta nella velina del Politburo, ma non avendo un'idea precisa, azzardò: "Per quanto ne so immediatamente".

Decine di migliaia di berlinesi dell’Est avendo visto l’annuncio di Schabowski in diretta alla televisione, si precipitarono in strada, inondando i checkpoint e chiedendo di entrare in Berlino Ovest. Le guardie di confine, sorprese, iniziarono a tempestare di telefonate i loro superiori, ma era ormai chiaro che non era più possibile rimandare indietro tale enorme folla vista la mancanza di equipaggiamenti atti a sedare un movimento di tali proporzioni. Furono allora costrette ad aprire i checkpoint e, visto il gran numero di berlinesi, nessun controllo sull’identità fu eseguito. Gli estasiati berlinesi dell’Est furono accolti in maniera festosa dai loro fratelli dell’Ovest, spontaneamente i bar vicini al muro iniziarono a offrire birra gratis per tutti. Il 9 novembre è quindi considerata la data della caduta del Muro festeggiata con il mega concerto di Roger Waters (ex bassista dei Pink Floyd) con l'esecuzione di The Wall dal vivo.


Nei giorni e settimane successive molte persone accorsero al muro per abbatterlo e staccarne dei souvenir: queste persone furono chiamate Mauerspechte (in tedesco significa letteralmente "picchi del muro"). Il 18 marzo 1990 furono tenute le prime e uniche libere elezioni della storia della Repubblica Democratica Tedesca; esse produssero un governo il cui principale mandato era quello di negoziare la fine stessa dello Stato che rappresentavano.



La Germania fu ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990 (questa è la data designata per il "Giorno della riunificazione"), quando i cinque stati federali (Brandeburgo, Meclenburgo-Pomerania Occidentale, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia), già esistenti nella Repubblica Democratica Tedesca ma aboliti e trasformati in Province, si ricostituirono e aderirono formalmente alla Repubblica Federale di Germania (Germania Ovest).

tratto da Wikipedia



Per celebrare l'anniversario della caduta del muro, vi invitiamo ad ascoltare questo bellissimo racconto di Andrea Camilleri intitolato L’uomo che aveva paura del genere umano, quasi una fiaba, che riesce benissimo a descrivere la stupidità dei muri (che purtroppo vengono ancora innalzati) e delle divisioni che essi rappresentano (e letto da lui è ancora più bello!).

Questo racconto fa parte di "un progetto internazionale della casa editrice Orecchio Acerbo, del Goethe-Institut e di numerosi istituti di cultura e partner in Italia e in Europa" che raccoglie (in un libro intitolato "1989") i racconti di 10 scrittori europei e le illustrazioni di Henning Wagenbreth contro "il tetro grigiore dei muri".
Sul sito si possono ascoltare (in lingua originale) la maggior parte delle storie, mentre sul Il Messaggero.it è pubblicato il racconto di Camilleri.


VerA&SiLviA

sabato 7 novembre 2009

Ultime foglie e bilancio... positivo!



Scrivo oggi il mio bilancio, oggi che ancora sono immersa in questa vita, in questo Nuovo Mondo, che finalmente l'inglese mi viene spontaneo (o quasi) anche quando parlo tra me e me!
Oggi che ancora assaporo una delle pagine più belle che l'America mi abbia regalato, piena di sole e di speranza.

Devo dire tanti GRAZIE. A Eugene, che è una delle persone più "alte" che abbia mai conosciuto. Non solo per statura fisica, ma anche umanamente ed intellettualmente.
A Linda, Toni, Amanda, Guolian, Seung-Hyun, Mary Ann, Nasui, Zhenqi, Hong, Weidong, Charles, che mi hanno accolta come una famiglia, incoraggiata silenziosamente a dare il meglio di me, in un clima sereno, di collaborazione, di scambio reciproco, senza distinzione di ruoli, con la voglia sempre viva di conoscere, di andare oltre, con l'umiltà di chiedere aiuto, con l'intelligenza di chi sa mettersi in discussione sempre e aprire la mente a diversi punti di vista.
Un GRAZIE infinito per l'immenso bagaglio di emozioni, piccole soddisfazioni personali e comuni condivise, per la finestra aperta su un giardino segreto e affascinante.

GRAZIE a Sara (soprattutto a Sara!), Eleonora, Renata, Alessandro, Tiziano e a tutti i miei amici di Charlottesville per ogni momento passato insieme.

L'America è un grande Paese. È impossibile per me spiegarla, probabilmente perché sarebbe presuntuoso pensare di averla capita. Ma c'è chi la conosce davvero l'America?! Un territorio immenso, grandi spazi e grandi silenzi, vuoti e "pieni", fortissime contraddizioni, tante culture che convivono e cercano l'integrazione.
Quello che posso raccontare è ciò che dell'America io ho sfiorato e percepito...



Io ho incontrato persone che amano il loro Paese e ne sono orgogliose. Persone che convivono con la diversità apertamente e sembrano ritenerla normale, sembrano non farci caso! Io sono arrivata e subito ho notato la presenza di tantissimi visi dai lineamenti asiatici, più o meno giovani, appena arrivati o qui da generazioni. E questo denota come io non sia abituata alla diversità, perché altrimenti non la noterei. Io li guardavo incuriosita, pensando a loro come a stranieri, come me. Invece la maggioranza di loro è americana e fa parte, così come gli afroamericani, i sudamericani, gli europei, di una società multietnica e, per mia esperienza, fiera di esserlo. Nessuno mi ha fatto sentire straniera, nessuno mi ha discriminata per la mia pronuncia strana o per il mio iniziale smarrimento, per le mie domande o la mia ignoranza a proposito di usi e costumi locali. Ho incontrato persone che pazientemente mi hanno spiegato e aiutata a capire.



Gli americani, qui, sono incredibilmente sportivi. Molto più sportivi e tonici che obesi! Corrono come dei matti, nel senso che fanno jogging in tantissimi, a tutte le età, con qualunque tempo, anche all'una del pomeriggio a Ferragosto, col sole allo zenit! E poi, cosa meravigliosa, fanno sport a scuola, in modo serio. Una cosa bellissima che ho fatto qui è stata partecipare a un training finalizzato a una gara di corsa di 4 miglia, promosso per incentivare le donne di tutte le età a dedicare del tempo a se stesse oltre che alla casa ed alla famiglia e per promuovere l'attività fisica come prevenzione, anche dei tumori. Il fine ultimo, ogni anno, da 17 anni, è la raccolta fondi per la lotta al tumore al seno.

Parlando di cibo e cucina, certo non si può dire che gli americani mangino raffinato, il più delle volte pasticciano nei fast-food con salse e salsette, ma devo dire che ho mangiato anche ottime zuppe e soprattutto della carne strepitosa (ovviamente con le patatine fritte, ma anche con delle appetitosissime patate al forno cotte con la buccia, che diventa croccante e dà un tocco in più). Le insalate non mancano mai, anche se sinceramente mi rimangono completamente oscuri i vari intingoli (dressings) che tentano di propinarti per condimento... Anyway, anche gli hamburgers non sono male se mangiati nei posti giusti, magari senza esagerare con ketchup e mustard e non tutti i giorni, a pranzo e cena ;)



L'espresso è praticamente un'utopia, anche se tutte le caffetterie tentano di riprodurlo e lo offrono tra le opzioni. Ma vi consiglio di lasciare perdere. Invece devo dire che la combinazione latte-caffé-cioccolata, che qui si chiama Mocha, è niente male. Ovviamente le dosi sono triple rispetto alle nostre mini tazzine da caffé: qui si beve tutto in mega bicchieroni, rigorosamente di carta, e corredati di coperchio con fessura e collarino anti-ustione. Sì perché qui il "to go" è un must, cioè prendere da bere o da mangiare senza fermarsi. Quindi via libera a tutti i gadgets più strani e ingegnosi, dalle vaschettine sagomate in polistirolo ai mega termos colorati!


Cosa dire ancora?! Potrei scrivere all'infinito, ogni giorno mi ha riservato grandi e piccole sorprese che, tutte insieme, e grazie alla condivisione con le persone incontrate, hanno reso questi mesi una indimenticabile esperienza di vita che vale tutti i sacrifici, grandi e piccoli, le crisi, i momenti di sconforto e di solitudine. Tutto questo mi ha reso, spero, più forte e saggia...



Upcoming english translation! Promise!

la vostra inviata da Charlottesville, VA

giovedì 5 novembre 2009

Honest Scrap


Nina ci ha invitate a partecipare ad un gioco, l'Honest Scrap. Si tratta di raccontare 10 cose di noi che nessuno sa.
Io e SiLviA abbiamo deciso di svelarvi 5 segreti per ciascuna!

VerA

Premetto che non è facile, pensandoci così su due piedi non mi viene in mente nessun segreto... Ma è impossibile non ne abbia, no?! Per quanto il mio motto sia "esprimere e non reprimere", ci sono sicuramente cose che di me nessuno sa... Quindi adesso mi spremerò le meningi...

1 Ho una sorta di attrazione per i piedi della gente. Quando incontro gente a piedi nudi o che indossa i sandali, non riesco a non guardare con intensità i piedi, non so perché!

2 Un po' come Nina, non conosco i nomi dei cantanti e i titoli delle canzoni che mi piacciono. Ascolto la musica in modo istintivo, perché mi piacciono la melodia e le parole, ma non sono mai stata capace di andare oltre, quindi se mi chiedete: "Conosci la canzone tale del cantante tale?" probabilmente risponderò di sì ma non è vero! O meglio, magari la conosco, e mi piace pure, ma non ricordo né titolo né autore.

3 Da piccola avevo un serissimo problema con le capriole: ero negata! Mi esercitavo a casa tutti i giorni per riuscire a farcela! E ce l'ho fatta, alla fine! E avevo lo stesso blocco anche per le capriole in acqua, che in teoria sono più facili, ma... Quelle forse mi sono riuscite una volta e poi mai più! Dovrò ritentare!

4 Alle elementari c'era una maestra dalla quale ero terrorizzata ma fortunatamente non era la mia maestra. C'erano dei giorni, però, che a piccoli gruppi, a rotazione, andavamo nella sua classe per fare lezione di musica... Beh, io pur di non andare, simulavo di star male, e il mio maestro, poveretto, era pure preoccupato, tanto da aver suggerito alla mamma di farmi vedere da un dottore! Grande attrice! ;)

5 Fin da piccola, a causa della timidezza, ho sempre giocato tanto da sola, inventandomi storie e impersonando tanti personaggi diversi, soprattutto principesse dai capelli lunghi e biondi! Parlavo con tutti i miei amici immaginari, ma ovviamente la realtà era che parlavo con me stessa a voce alta! Lo faccio anche adesso! Immagino delle situazioni che potrebbero accadermi e... mi preparo il discorso!


SiLviA: questo gioco di Nina mi è subito sembrato molto carino, ma anche molto difficile... e, invece, una volta iniziato a scrivere ci ho subito preso gusto!
1 assomiglio a mia nonna per alcune cose un po' strane: anche lei non sopportava proprio le maglie che aderiscono sotto le ascelle o attorno al collo e quelle beige; inoltre proprio come lei trovo sempre i quadrifogli in mezzo ai prati, senza cercarli, ma a colpo d'occhio, sembra siano loro a farsi vedere da me!

2 avevo una strana fobia (e non sono ancora sicura che mi sia passata del tutto): mi spaventavano le statue di grandi dimensioni. So che è una cosa del tutto irrazionale, ma non riuscivo a rimanere accanto ad una statua per più di pochi secondi e sentivo un senso di oppressione e angoscia davvero inspiegabili.

3 Il ricordo più vecchio che ho è di quando ero in spalla a mio papà (avrò avuto due anni) e mi piaceva un sacco puntare il mento sulla sua testa pelata: ricordo ancora la sensazione della sua testa liscia e rotonda sotto il mio mento!

4 io e la mia amica Anna da piccole abbiamo seppellito una scatola dei segreti nel suo giardino, adesso ci è cresciuta sopra una palma altissima!

5 ho un sacco di quadernetti che non uso. Quando ne trovo uno che mi piace, lo compro, poi però ho sempre paura di rovinarlo scrivendoci sopra con una brutta calligrafia o facendo degli errori e alla fine lo lascio bianco!


in english

Nina invited us to participate in the Honest Scrap game. It consists in tell 10 unknown things about us. I and SiLviA decided to reveale you 5 secrets each.

VerA

I have to say that it not so easy. Here, on the spot, no secret comes to my mind... But it is impossible I have no one, isn't it?! There are certainly things about me that no one knows... So, now I rack my brain...

1 I have a sort of attraction for peple feet. When I meet people I can't resist without looking at their feet, intensely!

2 Like Nina, I don't know the names of singers and songs I like. I listen to music in a instinctively way, because I like melody and words, but I have never been able to remember. So, if you ask me: "Do you know that song or that singer?" likely I would answer yes, but it is not true! Or maybe, I know that song and I like it, but I don't remember neither title, nor author.

3 When I was a child I was not good to turn somersaults! I excercised myself at home everyday to do it. And I did, at the end! I had the same problem with somersaults in the water, that in theory are easier, but...

4 At the elementary school I was terrify by a teacher that fortunately was not my teacher. But sometimes we had to go in her class in little groups, to study music. So I was used to act I was bad because I did not want to go. Great actress! ;)

5 Since I was a child, I was very shy, so I played by myself, creating stories and different character, especially princesses with long blond hair! I talked with all my fantastic friends, althought I was speaking to myself! I do it again!

SiLviA: this game by Nina is really cute, but it seemed to me very difficult... but, once I began to write, I came to enjoy it!
1 I resemble my grandma for some little strange details: she couldn't stand clothes too tight under the armipit and around the neck and beige shirts; then, as she used to do, I always find clovers in the grass, without looking for them, just at a glance: it seems that they want to be found by me.

2 I had a strange phoebia (and I'm not sure whether I still have it!): I was scared by big size sculptures. I know that is something irrational So che è una cosa del tutto irrazionale, but I couldn't stand next to a statue for more than few seconds and I was feeling oppressed and distressed.

3 The oldest memory I have is when I was on my dad's shoulders (I was 2 years old) and I really liked to push my chin on his bald head: I still remember the sensation of his round head under my chin!

4 My friend Anna and I buries a secret box in her garden: now there is a big palm growing over it!

5 I have a lot of notebooks that I never use. When I find a beautiful notebook, I buy it, but then I'm afraid to ruin it with my bad handwriting and I leave it blanck!


martedì 3 novembre 2009

Menù antirazzista: Mi offri un mezés?

Sfogliando Internazionale di questa settimana mi sono imbattuta in una nuova rubrica nella sezione nuovi italiani intitolata "Menù antirazzista" di Helene Paraskeva che ho trovato molto bella e interessante.

Helene Paraskeva (che ringrazio moltissimo per avermi dato la possibilità di ripubblicare la sua rubrica qui sul nostro blog) è una scrittrice nata ad Atene che vive a Roma da molti anni, nella breve biografia tratta dal suo sito si descrive, molto poeticamente, così:


"[...] Spesso mi smarrisco nei crocevia dell’identità migrante ma ogni volta scopro di poter recuperare una parte di me stessa raccontando storie. Sono storie di partenze, di approdi, di smarrimenti, di ritorni e ritrovamenti. Storie di viaggi diversi."


L'idea di questa rubrica è davvero bella: si tratta di metafore culinarie per parlare di integrazione. Cosa c'è di meglio per conoscersi che sedersi allo stesso tavolo e condividere sapori e profumi, scoprendo le nostre differenze e le radici che ci accomunano?

Ecco qui la prima portata del menù antirazzista che sono felice di poter riproporre anche ai lettori del nostro blog:


Menù antirazzista: Mi offri un mezés?

Helene Paraskeva è una scrittrice nata ad Atene. Vive a Roma dal 1975. Questa è la prima puntata della sua serie
Menù antirazzista.
Mezés è un gioco gastronomico e conviviale. Non si riferisce a un piatto in particolare, non è un pasto completo e non serve tanto a saziare quanto a socializzare e condividere.
Può essere una cosa semplice, come olive e formaggio, o più sofisticata, come gli involtini di pasta sfoglia con formaggio o carne, le foglie di vite ripiene di riso, le polpette o crocchette di carne o vegetariane. C’è anche il mezés di mare: pesciolini, calamari, crostacei fritti o cotti sulla brace, frutti di mare, polpi essiccati al sole e grigliati.
Secondo alcuni il termine mezés viene dalla parola greca misòs (mezzo), perché di solito si consuma lontano dai pasti principali. È un gesto d’ospitalità praticato fin dai tempi di Omero, che oggi è diventato di moda perché si adatta a uno stile di vita più veloce, curioso e attento alla qualità del cibo. Le sue caratteristiche principali sono la varietà, le porzioni ridotte e, a volte, anche la sorpresa.
Secondo un’ingegnosa definizione di ispirazione architettonica, la cucina italiana ha una struttura verticale mentre altre cucine si sviluppano orizzontalmente. E così i vari piatti di mezés si servono a tavola contemporaneamente. La condivisione dei piaceri della vista e dell’olfatto – prima ancora che del palato – scatena commenti e scambi di opinioni e ricordi. La vera finalità del mezés è stimolare l’appetito e l’allegria.
Come scrive Andrew Dalby in Siren feasts (una ricerca storica sulla gastronomia classica attraverso i testi antichi) in passato il mezés si chiamava pròpoma, cioè “prima del bere”, perché il vino si consumava prima del pasto. Supponiamo che un giorno, durante un pranzo in famiglia, arrivi un amico, un vicino di casa o un collega che, trovandoci a tavola, chiarisce imbarazzato che non è venuto per mangiare. L’usanza di offrire all’ospite improvviso un mezés allontana ogni disagio. Basta presentarlo con fantasia perché l’offerta è fatta a Giove, protettore dello straniero. In questo senso, l’ospite è “sacro”.
Al di là dei dogmi e delle differenze di pensiero, la condivisione del cibo è un concetto fondamentale per molte religioni. Che si oppone alla xenofobia. È l’accoglienza dello xenos, lo straniero, l’alieno, l’italieno.
Helene Paraskeva
testo e immagine tratti da nuovi italiani in Internazionale.it
pubblicato su
Internazionale n. 818, anno 16, 23/29 ottobre 2009


Creative Commons Licensearticolo soggetto a licenza Creative Commons


Approfitto di questo post per offrirvi un mezés a modo mio, a base di

Triangoli al formaggio (Tiropitakia)

Ingredienti

* 250g di feta * 10 sfoglie sottilissime (io ho usato della pasta sfoglia, ma forse la ricetta intende pasta fillo?) * 1 tazza di burro fuso * 2 uova un po' di menta tritata * un po' di pepe

Preparazione
Schiacciate la feta con una forchetta e unite le uova sbattute, la menta e il pepe. Tagliate le sfoglie in quadrati di circa 6cm di lato, spalmarle una ad una con il burro e mettete un po' di ripieno in un angolo di ciascuna. Richiudete le sfoglie a triangolo e disponetele in una teglia; cuocete a 200ºC per circa 20 minuti.


ricetta tratta da
"300 ricette tradizionali della cucina greca",
Atene Summer Dreams editions.


...e di un po' di stuzzichini greci che avevo preparato tempo fa:




domenica 1 novembre 2009

Mescolando le stagioni: un po' di estate a Malta

Negli ultimi mesi sono stata un po' occupata e molto vagabonda: adesso sento proprio il bisogno di passare qualche weekend di relax a casa e di riprendere a scrivere sul blog!

L'ultimo viaggio che ho fatto è stato a Malta, la scorsa settimana, per un'altra conferenza! Questa volta mi sono presa qualche giorno in più per riuscire a visitare un po' l'isola: non si può andare nel bel mezzo del Mediterraneo solo per stare chiusi in una conference hall buia e fredda (maledetta aria condizionata!) per 9 ore al giorno e poi tornarsene in Svizzera!

Il clima a Malta era ancora praticamente estivo: se non c'è il vento si può perfino fare il bagno! Il mare è bellissimo, il pesce ottimo, il sole caldo...
Quindi interrompo per un po' i coloratissimi reportage autunnali di VerA per immergermi di nuovo nell'estate di ottobre a Malta!


Malta è un'isola particolare: un miscuglio di culture e influenze: un po' araba, un po' italiana, un po' british!


Malta1


L'architettura, in particolare, porta i segni delle varie tradizioni che qui si sono intrecciate...



Malta



Il mare è limpido e, quando c'è vento, anche molto impetuoso... passerei le giornate seduta sulla riva ad ascoltarlo, respirarlo e guardarlo incantata...

Malta2




Gli autobus (che ovviamente circolano a sinistra) sono bellissimi e collegano tutte le cittadine dell'isola a Valletta: ogni viaggio è piuttosto movimentato (gli autisti sono piuttosto spericolati e le strade non proprio perfette) e gli orari sono piuttosto elastici, ma esplorare l'isola in bus è senza dubbio il modo più divertente (ed economico)!

Malta3




Ci sono tantissime chiese, tutte con grandi cupole, anche nei paesi più piccoli, santi e scritte religiose decorano i muri delle case e la gente è profondamente religiosa (anche gli autisti dell'autobus!).

Malta4




La storia di Malta è molto interessante e affascinante e senza dubbio vale la pena visitare i resti dei templi megalitici e il piccolo (ma ricco) museo archeologico nazionale di Valletta, con le sue bellissime statue di divinità femminili.

Malta5




Anche i paesini più piccoli e i paesaggi naturali lasciano a bocca aperta!

Malta6




... e non ci si può proprio perdere il mercato della domenica di Marsaxlokk...


Malta7



Malta8




e il suo porto punteggiato di luzzu, le barche da pesca tradizionali dell'arcipelago, coloratissime e con gli occhi di osiride sulla prua.


Malta9




Solo tre giorni (quelli senza conferenza) in giro per l'isola mi hanno lasciato la voglia di tornarci per vederla ancora meglio, assaggiare di nuovo le sue specialità (i piatti a base di lampuki, i pastizzi, l'aljotta... per fortuna mi sono comprata un mini libro di ricette anche se, come al solito, con traduzioni non proprio perfette!... di sicuro ne proverò qualcuna prossimamente): sto già pianificando il prossimo viaggio!

Dopo aver respirato un po' di salsedine e essermi scaldata le ossa al sole, sono pronta a immergermi di nuovo nei colori dell'autunno svizzero, che sono belli come quelli della Virginia!

SiLviA

venerdì 30 ottobre 2009

Foglie d'autunno... Autumn leaves


La mia mamma ha gli occhi azzurro-grigi e il papà castani. Io e Ru abbiamo occhi scuri, entrambi. Ru li ha di un verde scuro intenso con lievissime sfumature più chiare che assumono gradazioni diverse con la luce. Io... il papà dice che i miei occhi sono color "foglie d'autunno"!

in english

My Mom's eyes are light blue with a grey nuance. My Dad's eyes are brown. I and Ru we have both dark eyes. Ru's eyes are deep-green with brighter shades that change with the light. And I... my Dad says my eyes are like the autumn leaves!

giovedì 29 ottobre 2009

Foglie - Leaves



Le giornate si accorciano sempre più, il sole si nasconde dietro l'orizzonte lasciando una scia rosata, che rende le foglie calde, dorate... È quasi tempo di ripartire, fare i bagagli, tornare a casa...

in english

Days are becoming shorter and shorter, the sun falls under the horizon leaving a rose light which makes leaves golden and warm... It's quite time to leave again, pack up again, come back home...

mercoledì 21 ottobre 2009

Autumn in Virginia


Ecco le prime foto di quest'autunno... Credo non saranno le ultime... Ho intenzione di fotografare fino all'ultima foglia!

in english

Here are some fall pictures! I feel they are not the last ones... I want to take one picture of every leaf!

i più cucinati della settimana

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ipse dixit...

  • meglio un asino vivo che un dottore morto! (zia laura)
  • quel che non strangola... ingrassa! (zia laura)
  • non ti curar di lor, ma guarda e passa (dante alighieri)
  • the most important thing is to enjoy life - to be happy - that's all that matters (Audrey Hepburn)
  • ho imparato tante cose qui... non solo a cucinare, ma una ricetta molto più importante: ho imparato a vivere. Ho imparato ad essere qualcosa di questo mondo che ci circonda, senza stare lì in disparte a guardare... (dal film Sabrina)
  • ergastolo in vita! ai lavori "sforzati"! (zia laura)
  • "calandra" (cioè cassandra), verace sempre, creduta mai... (zia laura)
  • tutti i nodi vengono al petto (laura)

gocce di rugiada

  • one step at the time
  • siamo qua tre giorni con ieri l'altro
  • chi semina vento raccoglie tempesta
  • chi semina raccoglie
  • chi si ferma è perduto
  • tutto il mondo è paese
  • meglio soli che male accompagnati
  • meglio tardi che mai...
  • aiutati che il ciel t'aiuta
  • finché c'è vita c'è speranza
  • cuor contento ciel l'aiuta!
  • gratis et amore dei
  • via il dente, via il dolore!
  • chi si accontenta, gode!
  • sursum corda!