domenica 28 febbraio 2010

Ceci (neri) al nero di seppia

È da un po' che non trovo il tempo di scrivere sul blog e nemmeno di cucinare con calma, un po' presa dal lavoro e un po' dal trasloco di una mia amica. Quindi per ricominciare (si spera con un po' più di costanza) ho preparato un'altra ricetta tratta dai miei nuovi libri di Slow Food della collana "Ricette di Osterie d'Italia": infatti trattandosi di una zuppa con il pesce si trova su entrambi i libri!

Non sapevo cosa fossero i ceci neri, o gniur, ma sul libro delle zuppe ho trovato la spiegazione che riporto qui:
Gli gniur sono quei ceci neri che spuntano qua e là tra i ceci gialli: statisticamente, se così si può dire, se ne trovano quattro o cinque ogni chilo di ceci. I cuochi del ristorante Cibus [N.d.A. autori della ricetta] li tengono da parte e li usano per questa minestra che diventa nerissima con l'aggiunta dell'inchiostro della seppia.

cece nero

La mia zuppa quindi è venuta meno nera, anche se, devo dire, a me piace il contrasto tra il "mare nero" in cui navigano i molluschi e i legumi e il colore chiaro degli stessi. È interessante anche il contrasto tra la consistenza soda dei ceci e quella più "gommosetta" delle seppie (giusto, Vera? ;-) ).

Ecco quindi la ricetta di questa zuppa ricca di contrasti:

Ceci (neri) al nero di seppia

Ristorante Cibus, Ceglie Mezzapica (Brindisi)
ricetta tratta dal libro "Il pesce - 600 piatti di mare (in Ricette di Osterie d'Italia)"
Slow Food Editore, 2004
e/o da "Le Zuppe - 600 piatti delle cucine regionali (ricette di osterie d'Italia)" 
Slow Food Editore, 2009


Ingredienti (per 4 persone)

2 seppie con il sacchetto dell'inchiostro (io ho messo circa mezzo chilo di seppioline piccole) * 1/2kg di ceci neri secchi (io ho usato i ceci comuni, anche se qualche nero mi è capitato!) * 200g di pomodori maturi * 100g di scalogno * una costa di sedano * brodo vegetale * olio extravergine d'oliva * sale & pepe


Preparazione (2h e 1/2** + ammollo dei ceci)
1 Mettete i ceci in ammollo per una notte. L'indomani sciacquateli e lessateli in acqua salata.

2 Versate l'olio in una padella e fatevi imbiondire il trito di scalogno e sedano. Aggiungete le seppie, tagliate a striscioline, assieme al loro inchiostro e mescolate.

3 Versate i pomodori tagliati a tocchetti e i ceci precedentemente lessati. Regolate il sale e il pepe.

4 Cuocete per una ventina di minuti aggiungendo, se necessario, il brodo.
ceci+seppie


 ** io ho ridotto un po' i tempi usando la pentola a pressione!


Sempre a proposito di ceci: ogni volta che li preparo mi torna in mente quando alle medie li avevo piantati nel cotone per il corso di scienze e avevo scritto la relazione che descriveva la crescita delle piantine. La professoressa mi aveva dato un bel voto, ma mi aveva corretto in tutte le pagine il singolare di ceci: mi ostinavo a scrivere il cecio, invece del cece! L'ha detto ad alta voce in classe e tutti i miei compagni di classe si erano messi a ridere... io ero arrossita, ma da allora non me lo dimentico più!


Piccolo glossario culinario multilingue (I - DE - EN - FR*):

cece, m. = die Kichererbse, f. = chickpea, n. = pois chiche, m.


*ho appena iniziato un corso di francese!

domenica 14 febbraio 2010

Bagnùn di acciughe

Presa dall'entusiasmo per il libro di zuppe che mi ha regalato mia mamma, non potevo lasciarmi sfuggire quest'altro: Il pesce - 600 piatti di mare (in Ricette di Osterie d'Italia), Slow Food Editore (2004). Questo libro contiene le schede di oltre 150 varietà di creature acquatiche, descritte nelle loro caratteristiche morfologiche e 'raccontate' ripercorrendone l'evoluzione, le tecniche di cattura, gli usi gastronomici, aneddoti e curiosità. A seguire, le ricette tradizionali più rappresentative, dettate da chi le esegue quotidianamente (cuoche e cuochi di osterie e ristoranti, massaie, pescatori) ed esposte con una precisione che le rende facilmente realizzabili anche ai non esperti. I lettori che si dilettano di cucina potranno così 'mettere in pentola' non solo aragoste e cozze, cefali e orate, ma esemplari di cui forse non sospettano neppure l'esistenza e che svelano un aspetto inedito della pur celebrata cucina di pesce italiana. Una serie di capitoli introduttivi al ricettario, inoltre, raccoglie utili informazioni sullo stato dei mari, dei fiumi e dei laghi, la storia della pesca e dell'acquacoltura, le modalità di scelta e di pulizia, le preparazioni di base, i principali mercati ittici del nostro Paese [dal sito di Slow Food Editore]. 

Per inaugurare il libro, non potevo che cominciare con le alici, per le quali, come ormai tutti avete capito, ho un debole! Questa volta in versione zuppa:





Bagnùn di acciughe
dell'Osteria dell'Acquasanta, Acquasanta di Mele (Genova)
ricetta tratta dal libro "Il pesce - 600 piatti di mare (in Ricette di Osterie d'Italia)"
Slow Food Editore, 2004

 
Bagnùn di acciughe


Ingredienti (per 4 persone)

* 500g di alici fresche
* 500g di pomodori maturi (io ho usato la conserva di mio papà)
* una carota
* 1/2 cipolla 
* 1 spicchio d'aglio
* un ciuffo di prezzemolo
* una presa di origano 
* 1/2 bicchiere di vino bianco secco  
* olio extravergine d'oliva
* 1l di brodo di pesce
* sale



Preparazione (1h e 1/4)
1 Pulite le acciughe, privatele delle teste, diliscatele e lavatele con cura. 

2 Preparate un trito con prezzemolo, cipolla, aglio e carota. Fatelo rosolare in olio in un tegame preferibilmente di terracotta. Sfumate con il vino, quindi unite i pomodori precedentemente pelati e tritati.



Bagnùn di acciughe


3 Trascorsi 20 minuti, allungate con un litro d'acqua (o brodo di pesce) e lasciate cuocere ancora per un quarto d'ora. 

4 Infine aggiungete le acciughe e proseguite la cottura per altri 10 minuti. Condite con sale e origano e servite con crostini all'aglio, tostati, ma non troppo.



Bagnùn di acciughe



Inutile dire che era squisita!

...e come antipasto ho preparato una morbidissima focaccia ispirata alla ricetta di Anice&Cannella, come l'avevamo preparata assieme io e VerA, ma condita con alici sott'olio (che si sciolgono tutte nel forno...), olio e olive taggiasche.



focaccia alici


sabato 13 febbraio 2010

Il pane della vicina armena

Stamattina, appena prima di alzarmi, ho sognato Trieste e la nostra casa vicino al giardino pubblico: i suoi soffitti alti, i muri rosa, la luce del sole calda che filtrava dalle fessure un po' irregolari della persiana e il rumore della città che entrava nelle stanze appena aprivi le finestre dai vetri antichi e storti. 
 
Qui invece la luce che entra dalle finestre stamattina è un po' freddina, fuori nevica ancora e viene voglia di restare sotto le coperte. Se apri le finestre entra solo il silenzio avvolgente della neve e del sabato svizzero e sonnacchioso.

Ancora un po' addormentata, sotto le coperte e con il pensiero ancora un po' a Trieste, le prime due cose che ho letto stamattina mi hanno messo di buon umore: questo bellissimo post di Nina che parla di gatti che salgono sugli alberi e non hanno nessuna intenzione di scendere e di una nonna che entra in casa dalla finestra; e questo articolo di Internazionale che fa parte della rubrica "Nuovi Italiani" (fra le mie preferite!). Visto che si tratta di un racconto un po' culinario, lo riporto anche qui sul blog. Buon weekend a tutti!

Il pane della vicina armena

Sarah Zuhra Lukanic è una scrittrice nata in Croazia nel 1960. Vive a Roma dal 1987.

Mia madre aveva un’amica armena, Tanya Balian, che per Pasqua preparava una grande treccia fragrante, il cui profumo si sentiva per tutte le scale del condominio. Si chiama corég ed è simile al sirnice che si fa in Dalmazia. Solo che il pane pasquale della signora Balian era più buono.
Un popolo che ha vissuto la diaspora ha bisogno di frugare nei ricordi di tutti i membri della comunità per ricomporre la sua storia. Quella armena ha una data indelebile: il genocidio del 1915. A volte l’uscita di un libro o di un film aiuta a rispolverare la memoria collettiva. Ma l’esule non ha bisogno di film o di libri per ricordare. L’esule vive del suo passato e con la forza del ricordo ricostruisce tutti gli incastri.
È quello che ha cercato di fare Sonya Orfalian, un’armena nata in Libia e trapiantata a Roma. Sonya è un’artista e per riordinare la diaspora del suo popolo ha scelto di partire dalla cucina. Il libro La cucina d’Armenia (Ponte alle Grazie 2009) raccoglie ricordi, ricette, usanze e consigli: tutto il vissuto di una comunità piccola, complessa e discreta.
La lettera capovolta
L’appuntamento con Sonya è nella sua casa romana alla Magliana. Le pareti sono impreziosite dai suoi quadri, talmente essenziali da sembrare giapponesi. Il pavimento è abbellito da un tappeto che riprende un suo disegno con le lettere dell’alfabeto armeno. Mi racconta che i tessitori l’hanno rimproverata perché per motivi estetici ha capovolto una lettera. Ma Sonya conosce bene l’alfabeto armeno. Ha imparato a leggere la lingua dieci anni fa, prendendo lezioni a casa di un’amica iraniana, anche lei figlia della diaspora armena.
Mi racconta anche del suo bisnonno paterno che lavorava in Sudamerica e di suo nonno che si è trasferito a Gerusalemme ai tempi dell’impero ottomano. Suo padre è nato là, mentre sua madre è nata in una comunità di rifugiati armeni ad Aleppo, in Siria. La saga della famiglia Orfalian è poi continuata in Libia, dove Sonya ha frequentato la scuola italiana.
In una diaspora così lunga e imprevedibile, una società può sopravvivere solo raccontandosi. Nella diaspora armena la chiesa ha svolto il ruolo dello stato ed è stata un rifugio sicuro per la comunità. Come l’isola di San Lazzaro dei padri mechitaristi a Venezia, che oltre a museo e biblioteca, ospitava una stamperia che riproduceva testi in trentasei lingue. Quando vado a Venezia, dormo al collegio armeno di Moorat Raphael, a Dorsoduro, che in passato è stato un asilo per poeti e scrittori armeni.
L’ingrediente segreto
Poi parliamo degli armeni a Roma, ormai poche migliaia di persone. Il loro punto di riferimento è la chiesa di san Nicola da Tolentino, vicino al Pontificio collegio armeno. La comunità pubblica anche la rivista quindicinale Akhtamar, che si concentra sulla cultura di questo popolo. In Italia esistono comunità armene a Venezia, Milano, Padova e Roma, mentre in passato c’è stata una significativa presenza armena anche a Livorno, Taranto e Bari.
Sonya si alza e prende dall’armadio una sua scultura. Ha la forma di una pagnotta ed è fatta di marmo travertino. È come se dentro la scultura fosse impastata tutta la storia del suo popolo. Prima di salutarci le chiedo la ricetta del corég. Mi spiega che bisogna aggiungere all’impasto un cucchiaio di maleppo macinato. È il seme che si trova dentro il nocciolo di un ciliegio selvatico che cresce in oriente. Ecco perché il pane pasquale della signora Balian era così speciale.
Sarah Zuhra Lukanic
 Articolo di Sarah Zuhra Lukanic, tratto dal blog di Internazionale, 12 febbraio 2010.

Creative Commons Licensearticolo soggetto a licenza Creative Commons

giovedì 11 febbraio 2010

Chiacchierando per le strade di Ginevra - post per Vera

Quando Vera è venuta a trovarci la scorsa settimana siamo andate un giorno a  Ginevra. Una limpida e gelida giornata trascorsa a passeggiare fra le "acque impetuose" del Rodano, a ridere degli strani primati di Ginevra (fra cui la panchina più lunga d'Europa!), ...


Ginevra






... a chiacchierare, a confrontarci e a pensare, con un po' di ansia, ma anche tanta speranza, al futuro che ci aspetta.


Ginevra



Per un giorno lontane dallo stress e dai pensieri, a guardare il sole tramontare nel lago e riempirci le orecchie di francese (chissà se un giorno lo parleremo anche noi?)...


Ginevra






Questo post è per te, per il tuo compleanno:


Tanti auguri, Vera!
 
Ovunque saremo e qualsiasi cosa faremo, spero tu possa essere sempre felice!
con tanto affetto

SiLviA

mercoledì 10 febbraio 2010

Zuppa del cavolo!

Per Natale mia mamma, conoscendo la passione di Ru per le minestre, mi ha regalato questo bellissimo libro di ricette delle osterie d'Italia di Slow food.
Contiene circa 600 ricette provenienti da osterie di tutte le regioni di Italia: per ciascuna ricetta è riportato anche l'autore e il nome dell'osteria. 
In questa fredda e nevosa serata di febbraio preparo subito la prima zuppa tratta da qui, per riscaldare un po' le membra e anche il cuore.


Minestra di cavolo e patate
 di Adriano Ravera, Boves (Cuneo) 
ricetta tratta dal libro "Le Zuppe - 600 piatti delle cucine regionali (ricette di osterie d'Italia)" 
Slow Food Editore, 2009

Ingredienti (4 persone)
4 patate * 3 foglie di cavolo verza (io invece ho usato un cavolfiore) * 2 spicchi d'aglio * un rametto di rosmarino * un cucchiaio di salsa di pomodoro * 1l di brodo di carne (io invece di usare il brodo ho fatto sciogliere un pezzetto di salamino nella minestra) * olio extravergine d'oliva * sale & pepe 

Preparazione
zuppa di cavoli e patate1 Sbucciate le patate, lavatele e disponetele intere in una casseruola con le foglie di cavolo rotte in grossi pezzi (o il cavolfiore nel mio caso). Coprite con il brodo e due mestoli di acqua, aggiungete il sale e cuocete a fuoco moderato per 45 minuti (o 10 in pentola a pressione).

2 Nel frattempo preparate un soffritto che servirà ad insaporire la minestra, Schiacciate leggermente gli spicchi d'aglio e rosolateli in due cucchiai d'olio con il rosmarino. Unite la salsa di pomodoro e un mestolino di brodo (la coda di salamino nel mio caso) e cuocete per 10 minuti.

3 Poco prima di tolgiere la minestra dal fuoco, versatevi il soffritto. Mescolate e profumate con una manciata di pepe e servite. Nel piatto di ogni commensale ci dovrà essere una patata e qualche pezzetto di cavolo. Dal momento che io ho usato il cavolfiore, non mi sono rimaste delle foglie, ma la minestra è diventata una crema che si può facilemnte schiacciare con il cucchiaio. Forse non sarà proprio la zuppa che potete assaggiare a Cuneo, ma è venuta buonissima ugualmente!

In questa foto ci sono anch'io riflessa nel cucchiaio... compaio nella ricetta un po' come Alfred Hitchcock nei suoi film!...

domenica 7 febbraio 2010

Baci del Signore

Un incipit molto breve per dedicare questi biscotti a Sara e Laura per il loro compleanno! Tanti auguri amiche!

DSC_0003Dosi per 4 persone

Preparazione 10 minuti
cottura 25 minuti
660 cal/porzione


Ingredienti
100 g di farina bianca | 80 g di zucchero semolato | 20 g di zucchero a velo| 4 uova | mezza bustina di vaniglina | 250 g di marmellata d'arancia| 200 g di cioccolato fondente al 70%

1 Separate i tuorli dagli albumi. Sbattete i tuorli in una ciotola con lo zucchero semolato finché saranno spumosi e unite la farina setacciata con la vaniglina. Montate gli albumi a neve ferma in un'altra ciotola con lo zucchero a velo e incorporateli poco alla volta all'impasto.

2 Trasferite l'impasto in una tasca da pasticciere con bocchetta liscia e distribuitelo su una placca da forno con carta forno formando tanti dischi di 5 cm di diametro, distanziati tra loro. Cuoceteli in forno a 170º per 20 minuti e fateli raffreddare.

3 Spalmate metà dei biscotti con un po' di marmellata e accoppiateli con quelli restanti. Immergete i baci fino a metà nel cioccolato fuso a bagnomaria e fateli asciugare.


Tratto da Sale&Pepe - Febbraio 2010

lunedì 1 febbraio 2010

Frittelle e neve

In questo momento di grande incertezza sul mio futuro, in sospeso, in attesa di trovare il mio posto nel mondo, mi sono presa una pausa dai mille pensieri che affollano la mia testa e non mi fanno dormire, e sono andata a Zurigo da Ru&SiLviA.
Quanta neve!


baden2010




Lunedì mattina ho fatto una lunga passeggiata a Baden, immersa nel bianco e nel silenzio. Nel pomeriggio, complice la tempesta di neve fuori dalla finestra, ho fatto le frittelle! In realtà le ho già proposte nel blog l'anno scorso, ma non avevo dato le dosi della mia ricetta segreta. Quest'anno però ho deciso di condividere!

Ed ecco dunque le mie frittelle, stavolta nella versione con limoncello e scorzette d'arancia caramellate.

Ingredienti per 6 persone

DSC_0024* 250 ml d'acqua
* 50 g di burro
* un pizzico di sale
* 150 g di farina
* 50 g di frumina
* 50 g di zucchero
* 1 bustina di zucchero vanigliato
* 2 cucchiai di limoncello
* 2 cucchiai di ricotta
* 3-4 uova
* 1 cucchiaino raso di lievito
* 100 g di scorzette d'arancia caramellate
* zucchero per guarnizione

Procedimento

1 Setacciate farina e frumina. Portate acqua burro e sale a ebollizione, togliete dal fuoco e quindi versatevi la miscela di farine, tutta in una volta.

2 Mescolate il tutto fino ad ottenere una palla compatta e riscaldate nuovamente, sempre mescolando, per un minuto circa.

3 Mettete la palla ancora calda in una terrina, aggiungete lo zucchero, lo zucchero vanigliato, il limoncello, la ricotta e le uova, una alla volta, fino a che la pasta assume un forte aspetto lucente e cade pesantemente dal cucchiaio, formando lunghe punte.

4 Incorporate infine il lievito e la scorzetta d'arancia.

5 Fate scaldate abbondante olio per frittura in un tegame, abbastanza alto perché le frittelle galleggino. Formate delle piccole palline aiutandovi con 2 cucchiai e friggetele nell'olio caldo.

6 Fatele raffreddare in uno scolapasta rivestito di carta assorbente e spolverizzate con lo zucchero, a velo o semplice, come preferite.


Un grazie speciale a Ru e SiLviA che mi offrono sempre ospitalità e rifugio, che mi accolgono e mi fanno sentire a casa.

SiLviA: Grazie a te! anche per queste buonissime frittelle!!


DSC_0026



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